Assistenza a lungo termine, dati e prospettive nel rapporto Cergas SDA Bocconi

Il settore della Long Term Care – LTC – ha un impatto significativo sul sistema di welfare del nostro Paese.  Attualmente, il lavoro di assistenza e cura agli anziani non autosufficienti o parzialmente sufficienti coinvolge circa 10 milioni di italiani: una cifra che comprende sia i pazienti, sia i caregivers e i familiari.

Parte da questo dato l’analisi contenuta nella prima edizione del Rapporto “L’innovazione e il cambiamento nel settore Long Term Care”, uno dei progetti di ricerca nati dall’incontro tra Essity – azienda svedese, leader mondiale nei settori dell’igiene e della salute – e  il gruppo di ricerca sui servizi sociali e sociosanitari del CERGAS SDA Bocconi.

L’obiettivo del rapporto, a cura di Giovanni Fosti – docente di “Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche” dell’Università Bocconi e responsabile dell’Area Servizi Sociali e Sociosanitari del Cergas – ed Elisabetta Notarnicola – Docente associato di “Practice in Government, Health e Not for Profit” presso SDA Bocconi School of management – è duplice: fornire un quadro esaustivo del settore LTC e tracciare delle prospettive di innovazione e cambiamento partendo dal “punto di vista” dei servizi per la LTC.

I dati del rapporto

La non autosufficienza coinvolge oltre 2,8 milioni di anziani (stima su dati Istat del 2015, ultimi disponibili, ndr), che rappresentano il 21,25% della popolazione over65, ovvero circa 5 italiani su 100. Se si considerano le proiezioni di crescita della popolazione anziana fino al 2030, è evidente come la situazione rischi di diventare un problema sociale e sanitario difficile da governare.

Nel 2015, gli anziani in carico ai servizi sociosanitari erano circa 900.000, mentre se ne contano circa 500.000 in carico solo ai servizi sociali. Dati, questi, che indicherebbero un sistema di welfare piuttosto esteso; in realtà, secondo l’analisi effettuata nel Rapporto Cergas SDA Bocconi, i dati richiedono un approfondimento rispetto ai sistemi informativi utilizzati nel settore della LTC, per cui è possibile che alcuni anziani non autosufficienti siano in carico a più servizi, sia di tipo sociale, sia di tipo sociosanitario, sia di entrambe le categorie. E, tuttavia, di questi casi non si hanno numeri certi.

Secondo le stime del Rapporto, si potrebbe dire in generale che il 31,8% degli anziani è raggiunto da servizi sociosanitari, percentuale che scende al 18% per i servizi sociali.

Dunque, è possibile ipotizzare che circa la metà dei 2,8 milioni di anziani non autosufficienti sia sostenuto dai servizi pubblici, sociali e sociosanitari. Resta da capire la “sorte” del restante 50%. E su questo fronte, il Rapporto segnala alcune possibili alternative: le famiglie assumono una “badante” (rivolgendosi anche al mercato cosiddetto “irregolare”) o si organizzano, svolgendo direttamente il compito di caregiver (i familiari coinvolti nelle attività quotidiane di cura sono circa 8 milioni). O ancora, si rivolgono al Servizio Sanitario Nazionale (tramite il pronto soccorso o l’ospedale) nella speranza di trovare una risposta rapida e gratuita ai loro bisogni.

È evidente il rischio di diseguaglianze tra le famiglie che possono permettersi un aiuto privato e quelle che invece, non trovando risposte adeguate e tempestive, devono arrangiarsi, vedendo diminuire in modo drammatico il livello di qualità della vita e di appropriatezza delle cure per i familiari non autosufficienti.

La ricerca analizza inoltre il settore dei servizi per anziani. In Italia, secondo dati del 2017, operano 1.927 gestori pubblici e privati; ciascuno di questi enti gestisce in media 2 strutture residenziali, per un totale di circa 140 posti, oltre che, in alcuni casi, servizi di assistenza domiciliare. Dunque, da una parte si muove il settore della residenzialità privata o in convenzione, costituito prevalentemente da piccoli o piccolissimi gestori; dall’altra, si assiste alla nascita negli ultimi anni di grandi gruppi caratterizzati da strategie di diversificazione, sia in termini di settori e servizi (residenziale, diurno, domiciliare) sia di mercati (regime di convenzionamento e accreditamento oppure mercato privato).

Un dato che, secondo le considerazioni emerse nella ricerca, potrebbe andare nella direzione dell’innovazione del settore.

Infatti, guardando ai dati che si riferiscono a 18 tra i più grandi player, il 10% circa del loro fatturato deriva da servizi da mercato privato. Sono inoltre coinvolti in molte operazioni di aggregazione e fusione mirate a diversificare l’offerta e a migliorare la capacità erogativa. In genere gestiscono filiere di servizi: 15 su 18 gestiscono tutta la filiera assistenziale da cure sanitarie a sociosanitarie residenziali, diurne e domiciliari; 9 su 18 integrano anche con servizi di supporto e counselling alla famiglia.

Il ruolo della tecnologia

Un’ulteriore pista di cambiamento, che si osserva monitorando l’attività dei grandi gestori, riguarda l’introduzione di tecnologie a supporto dell’innovazione di servizi. Un sondaggio condotto su 142 strutture residenziali per anziani evidenzia come il 47% dei centri residenziali per anziani abbia introdotto recentemente innovazioni tecnologiche, come app e dispositivi mobili, mentre rimangono ancora un po’ delle “chimere” le innovazioni più “di frontiera”, come robotica, stampa 3D, intelligenza artificiale, realtà virtuale. Inoltre, soltanto il 12% delle strutture dichiara di utilizzare le tecnologie in modo consolidato e costante nelle attività quotidiane.

Quali le sfide e le priorità per il futuro? Il Rapporto ne individua diverse, sia per i policy makers sia per i gestori delle strutture. In primis, lavorare su una sempre maggiore integrazione tra risorse pubbliche e private: “Le famiglie sono uno dei pilastri del sistema di LTC e non possono essere lasciate sole in questo compito. Se le risorse pubbliche fossero impiegate in modo coordinato e integrato con quelle messe in campo tra le mura domestiche, potrebbero svolgere una funzione di volano rispetto a quelle private che già sono ampiamente impiegate nel settore”, come si legge nel Rapporto.

Ancora, è necessario implementare l’innovazione tecnologica in campo assistenziale, poiché mancano servizi innovativi mirati a “promuovere il benessere dell’anziano, stimolare la sua socialità o supportare i famigliari”.