A Monza il primo villaggio Alzheimer in italia

L’esperimento olandese
Da Amsterdam a Monza, passando per la Francia, il modello del “villaggio Alzheimer” di Weesp ha fatto scuola.
L’idea è partita nel 2009 da Hogeweyk, un quartiere alle porte di Amsterdam, nel piccolo comune di Weesp. Si tratta di un vero villaggio con case basse in classico stile borghese, con annessi diversi servizi come un supermercato, un ristorante, un teatro, il parrucchiere. Gli abitanti “speciali” di questo villaggio sono circa 150 anziani con Alzheimer o altre forme di demenze senili, che trascorrono le loro giornate in un clima di serenità e normalità. Possono disporre del loro tempo come vogliono, girare tra le vie del villaggio, andare a fare la spesa, fermarsi nella piazzetta a chiacchierare. Possono uscire dal villaggio, ma solo se accompagnati, e il piccolo borgo è dotato di un sistema di controllo costante, ma discreto e non invasivo.
Medici, infermieri e operatori sanitari sono presenti 24 ore su 24 e sono rigorosamente aboliti i camici bianchi. Insomma, la sfida pioneristica del villaggio di Weesp, quando fu inaugurato nel 2009, era quella di ridurre il processo di medicalizzazione delle persone affette da demenze senili e metterle in condizione di usare le loro abilità residue nel modo migliore. Le case sono state progettate ad hoc, secondo gli stili di vita e i bisogni delle persone, che possono portare con sé, oltre agli effetti personali e agli oggetti cari, anche qualche mobile. Come dire, un sostegno nella “terapia del ricordo” che è parte integrante dello spirito che anima la vita e le attività del villaggio a 20 chilometri da Amsterdam.
Dalla cittadina olandese, l’esperienza si è estesa anche in altre città d’Europa. Nel nostro Paese, è Monza ad aver inaugurato il primo Villaggio Alzheimer in Italia e il secondo in Europa.
Il Paese ritrovato a Monza
“Il Paese ritrovato” – questo il nome della “piccola città nella città” che ospita gli anziani – è sorto per iniziativa della cooperativa La Meridiana. Quattordicimila metri quadri di terreno sui quali sono sorti appartamenti, un bar, una chiesa, una piazza, un parco e diversi negozi. Il villaggio può ospitare 64 anziani, distribuiti in otto appartamenti, e 55 operatori tra medici, infermieri e volontari.
Sono 8 le camere da letto per ogni unità abitativa, che comprende anche una cucina, un salotto e una sala TV. Ogni appartamento è strutturato con appositi sistemi domotici ed impianti tecnologici. Dati, controllo e tecnologia procedono di pari passo, coniugando in modo naturale l’esigenza di libertà degli ospiti con la garanzia della vigilanza, grazie ad un uso elevato di tecnologie innovative.
“L’obiettivo è semplificare al massimo il riconoscimento dei luoghi, in modo che si riducano il più possibile le decisioni da prendere e la scelta sia molto semplice – spiega il dottor Antonio Guaita, direttore scientifico del progetto – Si tratta di rendere i percorsi così evidenti e riconoscibili che la persona non debba avere il dubbio sul “come fare per”, ma semplicemente vada. L’effetto? Si riducono al minimo la disabilità nella vita quotidiana, lo stress, l’aggressività e pure l’utilizzo di farmaci”.
“Il Paese ritrovato” non è solo una piccola oasi di “normalità” per persone che hanno perso la memoria di pezzi importanti della loro vita, ma è anche un vero progetto dotato di una solida base scientifica, grazie alla collaborazione del Politecnico di Milano, della Fondazione “Golgi Cenci” e del CNR. “Un modo per affrontare la malattia – spiega ancora il dottor Guaita – è capire che la soluzione risiede in tutti gli elementi della vita e non in quelli della malattia stessa”.
“Un progetto che sopperisce ad una carenza del servizio sanitario – spiega Roberto Mauri, direttore della cooperativa La Meridiana – in cui gli ospiti vengono selezionati secondo un target ben definito e le cui famiglie saranno appoggiate per metà del costo, dal servizio sanitario regionale. Un ritorno alla comunità, quindi, per dimenticare lo stato di isolamento in cui spesso si viene a trovare chi è affetto da Alzheimer”.
“Il Paese Ritrovato è un progetto rivoluzionario, un cambio di paradigma nel modo di intendere la cura, l’assistenza e nel concepire il welfare – precisa Mauri –. Abbiamo immaginato un luogo di cura, ma anche di incontro e di scambio, un tratto innovativo anche rispetto al modello olandese che abbiamo molto studiato. Le specificità consistono proprio nell’accento posto sulla vita relazionale. La relazione fa parte della nostra cultura e delle nostre abitudini quotidiane, per questo abbiamo previsto molti spazi per le attività di gruppo”.
Dal TGR Lombardia del 16 agosto 2018. Fonte: Rai News
Il villaggio a Dax
Un altro Villaggio Alzheimer sta per sorgere a Dax, nella regione francese delle Landes. Il borgo dovrebbe ospitare circa 120 pazienti con le stesse modalità dei villaggi olandese e italiano, ma con un elemento ulteriore, ovvero un centro di ricerca interno con il compito di testare “sul campo” terapie alternative contro il morbo di Alzheimer.
Il villaggio sorgerà intorno ad una piazza quadrata circondata da portici, con tutti i servizi necessari, dal salone di bellezza al bar e al supermercato, dall’auditorium alla biblioteca multimediale. Nessuna recinzione, spazi aperti e fruibili da tutti, percorsi sicuri e privi di barriere architettoniche, un grande parco di 7 ettari, appartamenti per gli ospiti e monolocali per famiglie e ricercatori in visita.
Il villaggio ospiterà anche un centro di ricerca, perfettamente “mimetizzato” tra le case e i luoghi di aggregazione, che condurrà uno studio comparativo sull’impatto dei nuovi approcci terapeutici sperimentati nel borgo. Insomma, un test scientifico in tempo reale sulla gestione delle demenze senili senza un camice bianco visibile.