Rapporto Oasi 2018

Sanità pubblica in equilibrio precario, ma si fanno strada competenza e innovazione

La spesa sanitaria in Italia è pari all’8,9% del PIL, contro il 9,8% del Regno Unito, l’11,1% della Germania e il 17,1% degli Stati Uniti. Il Sistema Sanitario Nazionale copre il 74% delle prestazioni. Sono i dati generali da cui parte il Rapporto Oasi 2018 – Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano – realizzato dal Cergas (Centro ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) dell’Università Bocconi, curato da Francesco Longo e Alberto Ricci.

Il Rapporto mette in evidenza le differenze ancora ben visibili tra Nord e Sud, le criticità dovute all’invecchiamento della popolazione, le condizioni di lavoro del personale sanitario.

Alcuni dati nel dettaglio

Vediamo alcuni dati nel dettaglio, così come sono riportati nel Rapporto Oasi. Negli ultimi cinque anni, la quota di spesa sanitaria sul totale della spesa di welfare si è contratta dal 22,8% al 21,8%. L’aspettativa di vita rimane alta (82,8 anni), ma cresce meno che altrove e si “piazza” al sesto posto nella classifica mondiale di longevità dell’OMS, Organizzazione Mondiale di Sanità. Mentre i tassi di mortalità per tutte le maggiori malattie sono in diminuzione, cresce la mortalità dovuta a disturbi psichici e malattie del sistema nervoso.

“In Italia – si legge nel Rapporto – al 2017, il 32% delle famiglie è unipersonale; si tratta di 8,1 milioni di individui, di cui oltre la metà (4,4 milioni) è over 60. Tra 2011 e 2017, quest’ultima categoria è cresciuta del 14%. Si affacciano nuovi fenomeni sociali, come l’aumento degli over 60 che vivono soli a seguito di divorzio o separazione, che nello stesso arco temporale sono passati da 314.000 a 515.000 (+64%). L’accentuarsi del processo di frammentazione del tessuto familiare e sociale rende più difficile, ma allo stesso tempo urgente, prendere in carico le condizioni di fragilità”.

Inoltre, il rapporto tra popolazione over65 e popolazione attiva è pari al 35%, valore più elevato tra i Paesi europei; tra il 2010 e il 2017 la popolazione over65 è cresciuta di 1,3 milioni di persone (+11%).

Una situazione demografica che mina il già precario equilibrio dell’attuale sistema di Welfare. La presa in carico dei pazienti cronici, in particolare anziani, è una delle criticità del sistema sanitario. I dati riportati lo sottolineano, rilevando che “nel 2016, i pazienti con almeno una patologia cronica nel Paese rappresentano il 39% della popolazione, mentre i cronici pluri-patologici il 21%. Questi ultimi, spesso classificabili come pazienti cronici «complessi», tendono fisiologicamente ad assorbire gran parte dell’offerta di prestazioni ambulatoriali, spingendo i pazienti occasionali verso il circuito a pagamento. Gli anziani non autosufficienti sono 2,8 milioni, a fronte di 301.693 posti letto in strutture residenziali disponibili al 2015. I servizi socio-sanitari e sociali nel loro insieme risultano scarsi rispetto alle potenziali richieste, con i servizi pubblici che coprono circa il 32% della domanda. Si registrano sia un’insufficienza di risorse, sia una frammentazione delle competenze istituzionali (disperse tra SSN, INPS, Comuni). Le famiglie tendono quindi ad auto- organizzarsi (impegno diretto nella cura del proprio parente, aiuto di un caregiver informale, ricorso al ricovero sociosanitario in solvenza completa)”.

Dal punto di vista organizzativo, si fanno critiche le condizioni del personale del Sistema sanitario. Il blocco del turn over, utilizzato negli anni come strumento di riduzione della spesa, fa sentire adesso i suoi effetti, con il 53% dei medici che hanno oltre 55 anni e il numero dei candidati alle specializzazioni più che raddoppiato rispetto ai contratti finanziati.

“Il problema è la scarsità di risorse per assumere e formare specializzandi, non la mancanza di medici – afferma Alberto Ricci, uno dei curatori del Rapporto – In Italia, inoltre, il personale infermieristico è meno della metà rispetto alla Germania (5,6 infermieri ogni mille abitanti, contro 12,9) e a soffrire di più sono sempre le regioni del Sud”.

Tuttavia, nonostante le criticità rilevate, il Rapporto Oasi conferma la dinamicità e la capacità innovativa delle aziende del settore sanitario, non solo in ambito clinico, ma anche in quello manageriale.   

“Nella cornice della stabilità finanziaria e istituzionale – sottolinea Francesco Longo – le aziende si confermano capaci di attivare nuovi strumenti di management e modelli di servizio, ma occorre individuare le priorità strategiche verso cui indirizzare l’innovazione”.